15. King Tubby, Lee Scratch Perry - King Tubby Meets The Upsetter At The Grass Roots Of Dub




Kingston, capitale e principale città della Giamaica, è nata letteralmente dalle ceneri. Nel 1692 un devastante terremoto distrusse l'antica capitale e noto covo piratesco di Port Royal, città formalmente sotto il controllo inglese, ma di fatto un appezzamento di terra che di sottostare ad una qualsiasi legge non ne voleva proprio sapere. A seguito di quell'infausto evento, un gruppo di sopravvissuti si spostò verso le Liguanea Plains, area che oggi corrisponde al porto della capitale: da lì è partita un'espansione che non si è più arrestata, portando Kingston a divenire il principale centro abitato dell'isola. Tra quello sparuto gruppo di coloni loro malgrado, a nessuno sarebbe ma venuto in mente che Kingston avrebbe vissuto almeno un altro terremoto, questa volta però di stampo culturale, nel decennio degli anni '70 del XX secolo.

In quel periodo l'esplosione quantitativa e qualitativa del reggae, vera folk music isolana, fu notevole: se si pensa che la Giamaica ha una popolazione di poco meno di tre milioni di abitanti, è incredibile constatare quanta musica si sia prodotta in un decennio su un'isola cosi piccola. Una girandola di musicisti - a cui non poche volte si mescolavano affaristi e faccendieri - che, incontrandosi in studi di registrazione più o meno improvvisati, diedero vita ad un genere e ad una scena musicale che tanto avrebbe impattato sulla musica tutta dei decenni a venire. Una delle cortecce secolari di questa florida foresta acustica è certamente la musica dub, uno dei primi visionari tentativi di far nascere musica da materiale già esistente, riarrangiando e remixando brani di artisti reggae, rimuovendo del tutto o quasi le parti vocali originarie e riportando il genere alla sua polpa ritmica primigenia, aggiungendo e rimovendo parti e suoni a piacere. Opera temeraria di autori e personaggi tanto lucidi creativamente quanto umanamente improbabili, che avevano però intuito quasi per primi che lo stesso studio di registrazione poteva essere uno strumento creativo e musicale.

"King Tubby Meets The Upsetters At The Grass Roots Of Dub" è uno dei capisaldi del genere, anche solo per gli attori che forse vi furono coinvolti: King Tubby e Lee "Scratch" Perry - l'"Upsetter" del titolo -, due dei padri fondatori della dub music. Non abbiate timore se ascoltando queste dieci tracce - le prime cinque a firma Tubby, la seconda cinquina a firma Perry - vi pare che la vostra camera si deformi, espandendosi e contraendosi a piacere: è l'effetto della pozione preparata a dieci mani dal duo, composta da qualche consistente cucchiaio di riverbero sulle parti di trombone, una spruzzata cosi violenta di acido sulle chitarre che non sarebbero potuti arrivare a tanto neanche impregnando di succo di limone il banco mixer e una base di bassi e batteria lasciata sobbollire fino a farla diventare un brodo gorgogliante e dal sapore deciso. Difficile menzionare un brano senza fare torto agli altri: si, certo, si potrebbe dire che "African Roots" sia una delle punte di diamante del disco, con quelle percussioni che appaiono e scompaiono senza una apparente logica; o che "Wood Roots" sono tre minuti di labirinto degli specchi strumentale tanto ne esce deformata la ritmica, che viene filtrata rifiltrata con gusto temerario ad ogni beat; o che il suono dei fiati di "300 Years At The Grass Roots" pare provenire da stanze inesistenti, poste affianco a quella dove siamo comodamente sdraiati. Ma come detto, a scrivere cosi si farebbe un ingiusto torto: tutto il disco è uno straniante quanto geniale dedalo sonoro, una camminata zoppicante di mezz'ora senza alcun punto di riferimento su farinose strade zigzaganti, il tutto sotto un cielo acustico capovolto.

E tanto per capirsi fino in fondo, le sparute notizie che si hanno su questo album mettono in dubbio persino che Perry e Tubby ci abbiano effettivamente lavorato assieme: c'è chi dice che non sia vero, chi invece giura e spergiura che lo sia. Ironico, in un certo senso, ma poco importa: quello che è certo è che tra la coltre di nebbia e umidità tropicale che impregna questo disco si nota un chiarissimo raggio di solare consapevolezza. Ovvero che "King Tubby Meets The Uspetter At The Grass Roots Of Dub" è un capolavoro.

Spliff!

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