Ascoltare,
vivere, e quindi amare i lavori del “non musicista” inglese ha radicalmente
cambiato le mie prospettive, e non solo quelle propriamente musicali: una cosa perfettamente
logica, se consideriamo che le idee di Eno involgono più ad una filosofia
musicale, che non alla sola musica di per sé. Talento multiforme che ha
frequentato scuole d’arte più che Conservatori* e il cui primo “strumento” suonato
fu un... tape recorder**, Eno ha non solo stravolto le carte del mazzo
della musica rock, ma ne ha lasciato sul tavolo uno di nuovo, enigmatico, ma al
cui gioco hanno poi giocato in tantissimi.
Esplorare
la musica – e la mente – eniana è quindi un sentiero rigoglioso e forse
anche rigoroso, ma non necessariamente impervio. Piuttosto, è un’avventura fatta
di svolte oblique che lasciano sia emotivamente curiosi che razionalmente stupefatti,
come quando si scopre un nuovo punto di vista su un paesaggio circostante. La prospettiva
è tutto, a volte. Indaghiamo quindi insieme questa visuale, in una serie di dodici diverse fermate che non vogliono essere un "il meglio di" - in questa lista mancano dei lavori fondamentali - ma una galleria di album che seguono il percorso sia artistico che psicologico del non-musicista britannico.
Here
Comes The Warm Jets [1973]
– Il primo album solista di Eno è sì ancora legato all’estetica glam dei suoi
lavori con i Roxy Music, e tuttavia già sono ben presenti le sue impronte; e
sono già profonde radici, più che timidi germogli. Dalle chitarre abrasive di “Needle’s
in the Camel Eye”, passando per i canti stralunati di “Cindy’s Tell Me”, per approdare alle pulsioni quasi cinematografiche – che in un certo senso anticipano nello
spirito quei grandi arazzi ambient a cui si dedicherà in futuro – di “On
Some Faraway Beach”, l’album è uno stranito ma rigoroso miscuglio di glam, pop e musica avanguardistica.
Taking Tiger Mountain (By Strategy) [1974] – Con una formazione base ridotta a soli 5 elementi, più una girandola di ospiti (sempre illustrissimi: Robert Wyatt, Phil Manzanera...) Eno dipinge un quadro iconicamente surreale ispirato ad una serie di cartoline raffiguranti le scene di un’opera teatrale cinese**. Sempre più interessato al processo che non al risultato, è qui che Eno utilizza per la prima volta le sue “strategie oblique”, un mazzo di carte contenete frasi oracolari che guidarono il musicista durante il processo creativo, indirizzando, quasi a forza, le scelte compositive***. L’album è già fanciullescamente maturo, e i suoi sapori allo stesso tempo antichi e moderni lo inquadrano fuori dal tempo. Contiene una delle più belle opener che io ricordi: “Burning Airlines Gives You So Much More” è un’altra irresistibilmente strampalata filastrocca che però nasconde sotto la sua superficie sardonica una conoscenza sterminata della musica colta.
Another
Green World [1975]
– Una pozione alchemica le cui note pitturano qualsiasi parete di una qualunque
stanza in cui questo disco è stato ascoltato e che riecheggia come un
sortilegio anche ore dopo che l’ascolto è terminato. Volendo, su “Another Green
World” si potrebbero scrivere libri interi – è stato fatto**** - ma io
preferisco “non descrivervelo”, perché trovo le parole inefficaci per definirne
le suggestioni. Oltre ad essere una vera e propria illuminazione intellettiva, è
un album smeraldino che profuma come pagine di un libro impregnate di rugiada. Non
posso che invitarvi ad ascoltarlo.
Cluster
And Eno [1977] – Era
già da qualche tempo che Eno, ispirato da un periodo di immobilizzazione
forzata a seguito di un incidente***** vagheggiava di una musica “ascoltabile
quanto liberamente ignorabile”, dando cosi avvio alla rivoluzione
copernicana dell’ambient music nella musica popolare. In questa
sua ricerca si incrociò, in un angusto retropalco di Amburgo, con il duo
tedesco dei Cluster, che di suggestioni simili si stavano abbeverando più o
meno contemporaneamente nella loro terra natia. L’album unisce la notevole
ricerca sonora dei teutonici con la sapienza acustica di Eno, che si inserisce nelle trame ambientali del duo tedesco, fatte di acquerelli melodici minimali e timbri
dagli accenti paradossalmente sia metallici che fiabeschi, plasmando cosi un disco dai
toni pastello che è testimonianza unica dell’unione delle due maggiori scuole ambient
europee: quella tedesca e quella inglese. L’iniziale “Ho Renomo” inquadra
fin da subito l’universo acustico di questo lavoro, tra cavate di basso, pianoforte
carillonesco e strati sonori dolcissimi; un panorama romanticamente dimesso che non poteva che nascere in un
ambiente cosi profondamente “altro” e controverso come era quello della
Germania negli anni ‘70. Abbellito da una copertina iconica, “Cluster &
Eno” è l’incontro fondamentale di tre saggi di quel quietamente florido
cosmo che è la musica d’ambiente.
Before
And After Science [1977] – Ultimo
lavoro della cosiddetta “tetralogia rock”, “Before And After Science” è
la sublimazione formale del genere, la sua perfezione scientifica; un Mondrian
acustico. Attorniato dal solito manipolo di amici/collaboratori (Robert Fripp******,
i Cluster, Percy Jones…) Eno divide il lavoro in due, con un lato A impregnato
di sonorità percussive e urgenti ma sempre declinate all’interno del suo mondo lunaticamente
ironico, e un lato B dai toni decisamente più pastorali. Ne viene fuori un
pozzo di musicologia, dove pop, ambient, avanguardie e art rock si confrontano
sullo stesso terreno acustico. Dall’iniziale funk urbano di “No One’s Receiving”
fino alle maree argentate di “Spider And I”, l’album è un viaggio sia
emotivo che psicologico; come un grande classico, “Before And After Science”
affascina generazioni, che vi trovano tra le sue pagine diversi quesiti e
risposte ancora attuali perché senza tempo.
Music For Films [1978] – Questo disco è da alcuni descritto come “minore”, ma secondo me è essenziale per capire un’altra sfaccettatura della poetica eniana. “Music For Films”******* è sempre ancorato a quelle sperimentazioni sulla musica d’ambiente che in quegli anni si stavano dischiudendo come fiori primaverili nei lavori del Nostro, ma introduce un elemento metodologico nuovo: l'album è composto da una serie di brevi miniature sonore, frutto di tagli – di nastro, come si usava fare al tempo – di composizioni antecedenti e di musiche ex novo. L’introduzione dell’elemento della brevità pone questo lavoro un po’ fuori dai canoni ambient eniani, ma affascina per la sua qualità cinematografica, le sue pennellate di diversa profondità e sfumatura e la sua tenera disorganicità. Le brume di “Events In A Dense Fog”, e gli sprazzi acustici di “From The Same Hill” sono solo alcuni dei gioiellini impressionistici nascosti tra le pieghe di un disco che mai come prima conduce la musica di Eno verso diversi “non luoghi”; come una nave che girovaga tra diversi arcipelaghi acustici fendendo un mare - di pellicola - color beige.
Siamo
a metà: stop recording. Pausa.
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* Eno ha frequentato la Winchester
School of Art, dell’Università di Southampton, studiando arte e musica
sperimentale con Roy Ascott, importante artista visivo nel campo della telematica e della cibernetica.
** Dal titolo omonimo a quello del
disco. E’ un’opera cinese dell’epoca rivoluzionaria, di stile Peking, ovvero la
forma d’opera più diffusa in Cina, combinante musica, danza, mimo e acrobazie;
la storia è ispirata ad una novella, “Tracks in The Snowy Forest” del
romanziere Qu Bo, opera a sua volta basata su un fatto reale avvenuto nel 1946
durante la Guerra Civile Cinese e l’azione di repressione comunista del
bandistismo nel nordest del paese.
*** Sicuramente influenzato dal suo
amore per l’avanguardia novecentesca, in particolare Steve Reich – che del tape
loop fu precursore - e John Cage, che cominciò a sperimentare con il nastro
magnetico già ad inizio anni ‘50
**** Anche qui è palese l’ispirazione
con la musica “casuale” di John Cage, che nel 1951 licenzia “Music For I Ching”,
una composizione per piano solo dal carattere aleatorio ispirata dal libro cinese
dell’I Ching. Le “Strategie Oblique” furono messe a punto da Eno e dall’illustratore
tedesco Peter Schimdt. Il musicista britannico le usa tutt’oggi e anche altri
gruppi le adoperano come metodo compositivo.
**** E’ “Brian Eno’s Another Green
World” di Geeta Dayal, del 2009.
***** L’episodio è ben noto: Eno fu
vittima di un incidente stradale che lo bloccò su un letto di ospedale per
varie settimane. Un amico gli portò un disco di musica rinascimentale da
ascoltare: il volume però era talmente basso da essere appena udibile. Il
musicista provò a muovere la manopola, ma le sue condizioni fisiche non glielo
permettevano; ascoltò così quel disco a volume bassissimo e da lì trasse
ispirazione per la sua composizione “Discreet Music”.
****** Chitarrista ben noto e all'epoca già collaboratore del Nostro in due notevoli album in duo, "No Pussyfooting" e "Evening Star", nonché uno degli ingredienti più importanti nella resa di "Another Green World".
******* Inizialmente, il disco si
basava sull’idea di creare colonne sonore per film immaginari; ironia della
sorte, successivamente alcuni brani del disco finirono veramente a corredo
sonoro di pellicole cinematografiche.
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