14. The Red Garland Quintet - All Mornin' Long



A guardare la copertina, quel giorno di Novembre del 1957 a New York doveva esserci una bella nebbia, in una di quelle giornate dove il passo si fa per forza di cose più incerto e le persone paiono più delle promesse che non figure dai tratti ben delineati. Ma non sarà certo un po' di foschia a fermare il frenetico andirivieni della Grande Mela: in fondo, è un giorno lavorativo come altri.

È proprio in una giornata cosi normale che davanti alla sala di incisione dell'allora Prestige Records* si ritrovano cinque musicisti che potrebbero riconoscersi anche nella nebbia più fitta: Red Garland e John Coltrane facevano già parte da un anno del Primo Quintetto di Miles Davis**; il batterista Art Taylor aveva già registrato con Garland, in una serie di dischi a nome di quest'ultimo. Relativamente nuovi al gruppo sono invece il contrabbassista George Joyner e il trombettista Donald Byrd, ma l'ensemble aveva già familiarizzato in una serie di concerti proprio quello stesso autunno. Insomma, anche se alcuni di loro avevano condiviso più a lungo le assi del palco e gli angusti spazi degli studi di registrazione dell'epoca, sicuramente tutti avevano nella propria agenda il numero di telefono degli altri. Una chiacchera, una sigaretta, una battuta su questo e quell'ingaggio e poi via a suonare immediatamente

Uso questo aggettivo non a caso: è noto che, per ragioni di mera genovesità, la Prestige non solo non pagasse il tempo che i musicisti impiegavano per provare i pezzi in studio ma anche che l'etichetta non scucisse un soldo bucato sui diritti d'autore. Col duplice risultato che il leader della sessione arrivava al numero 446 della 50esima Strada con un bagaglio che era spesso e volentieri composto da soli standards, o quasi***. Infine, l'etichetta non si faceva problemi a ripubblicare il materiale "scartato", cosa non molto usuale all'epoca in ambito jazz. Ed in effetti, "All Mornin' Long", disco licenziato a nome del pianista Red Garland, è un lavoro Prestige a tutti gli effetti: due pezzi su tre sono standards e tutti provengono dalle stesse sessions da cui aveva visto la luce un altro lavoro del musicista texano, "Soul Junction"****.

Che il disco sia impregnato da questa aria di normalità è indubbio, ma il punto è che i musicisti coinvolti sono di tale levatura che le cose interessanti gli scappavano letteralmente dalle dita. Già solo i venti (!) minuti iniziali del blues della titletrack dovrebbero convincervi: bastano il primo soffio all'unisono dei fiati di Coltrane e di Byrd, sfrontati come mai, il pianoforte di Garland cremoso come un cornetto e la robustezza dei passi swing della ritmica e ci ritroviamo, senza sapere bene come, a cantare il tema e a seguire il ritmo con lo schiocco delle dita e il sorriso sulle labbra. Poi ecco, arrivati al primo assolo potremmo in effetti disorientarci: ma è normale se pensiamo che ad imboccare l'ancia é nientemeno che John Coltrane, che già all'epoca suonava una roba completamente diversa dagli altri. Il lungo assolo dell'allora giovane sassofonista è un fiume in piena*****, un suono che sgorga senza soluzione di continuità tra le acque tradizionali del blues, il tutto senza perdere il minimo controllo e un'oncia bellezza. D'altro canto Garland, che ormai aveva capito chi diavolo fosse Coltrane, non si scompone e lascia lì sul nastro un solo assolutamente fenomenale, sette minuti di delizia mantecata ad ottantotto tasti, che passa con invidiabile freschezza e tra nervature blues, block chords e limpide volate zampillanti. Il tutto con quel senso dello swing e quel tocco tanto piccante ritmicamente quanto cristallino nei timbri che fece la fortuna del pianista - nonché ex boxeur -  di Dallas. 

E se ancora non vi siete convinti, come secondo piatto il menù preparato da Garland prevede il classico dei fratelli Gershwin "They Can't Take That Away From Me", viatico sonoro per un notevole assolo del trombettista Donald Byrd, che nella sua ruvida fuga solitaria pare volersi ispirare allo stesso Coltrane che gli soffiava di fianco. Anche qui Garland non si tira indietro e, pur frugando tra gli stessi cassetti sonori con cui aveva ammaliato l'ascoltatore nella traccia precedente, le sue classiche anticipazioni sul ritmo swing suonate con la mano sinistra e i tersi arabeschi tracciati con la mano destra sono zucchero filato per le orecchie. 

Pur non arrivando certo ai livelli di altri dischi di Garland o del "fratello maggiore" "Soul Junction" e senza essere affatto un capolavoro, "All Mornin' Long" incuriosisce perché ci offre la possibilità di ascoltare un ensemble di musicisti sopraffini in una normale giornata "in ufficio", come tante altre che hanno dipinto il grande arazzo del jazz. Musicisti che navigavano tra ingaggi e sedute di registrazione con la stessa facilità con cui io bevo il caffè la mattina e  che venivano incisi su nastro con altrettanto senso di normalità. Salvo che poi alcuni di questi nastri finivano per giacere inermi tra bobine impilate nei locali delle case discografiche, le quali non si facevano problemi a compilarle e pubblicarle successivamente da par loro - come in questo caso -, in un piccolo spaccato di storia quotidiana del jazz. 

Questo non deve sorprendere: tante opere della musica afroamericana sono nate cosi, con la leggerezza dei musicisti inopinatamente assunta anche dai discografici: ma si sa, a volte un piatto é ancora più buono se mangiato il giorno dopo...

_____________________________________________

* Storica etichetta discografica fondata nel 1949 a New York da Bob Weinstock. Innumerevoli i jazzisti che hanno registrato per la Prestige: tra gli altri, Sonny Rollins, Miles Davis, John Coltrane, Stan Getz, Thelonius Monk

** Formazione che comprendeva Davis alla tromba, John Coltrane al sax, Red Garland al piano, Paul Chambers al basso e Philly Joe Jones alla batteria. Anche questo gruppo registrò spesso per la Prestige, licenziando album veramente fenomenali. Curiosamente, alcuni di questi nacquero da sedute semi-improvvisate, realizzate solo per liberarsi di obblighi contrattuali. 

*** Non mancano comunque musicisti che per la Prestige registravano anche pezzi originali

**** Disco registrato durante le stesse sessions e che uscì nel 1957. All Morning Long invece, dovette attendere un anno per vedere la luce nel sempre ingarbugliato mercato discografico jazzistico.

***** Indubitabilmente qui Coltrane stava già sapientemente maneggiando i suoi ossessivi studi allo strumento, coniando uno stile assolutamente personale, che il critico Ira Gitler chiamò azzeccatamente "sheets of sounds". Uno stile che arrivò a definitiva maturazione con l'album Giant Steps, che il sassofonista avrebbe registrato poco più di un anno dopo queste incisioni. 

Commenti