11. Luciano Cilio - Dialoghi Del Presente




La cosa che ricordo di più di Napoli è il suono: un cicalare di passi, parole, urla e conversazioni smozzicate che si uniscono con i rumori delle botteghe, dei mercati, del traffico e del riflusso del mare, con le note che si squagliano sotto il sole. Pare difficile immaginare che in una città tanto babelica possa esserci spazio per il respiro, per la nota più sopita: eppure, tra i figli di questa stessa Napoli ce ne era uno che della città ha colto anche il suo umore più etereo e malinconico.

Luciano Cilio attraversò la Napoli degli anni ‘70 con la delicatezza di un battito di ciglia, di un profumo tenue che si sparge controvento per le strade. Cilio era un musicista colto e fieramente autodidatta, egualmente valido alla chitarra quanto al sitar; e, per non farsi mancare altro, ottimo pianista. Ma soprattutto, Luciano era un grande compositore: uno dalla vista talmente lunga da non poter essere pienamente compreso dai suoi contemporanei. E dire che nella città partenopea di quegli anni pareva esserci spazio per tanti: la scena era florida, un mosaico acustico in cui convivevano tanto il “Napoli Sound” di gruppi come i Napoli Centrale e del primo Pino Daniele, quanto una scena accademica ancorata agli sperimentalismi "anaffettivi" di Cage e Boulez. Ma Cilio non era né l’una né l’altra cosa e questo fu per lui tanto un pregio artistico quanto una dannazione dal punto di vista umano.

Dialoghi Del Presente” è l’unico album registrato dal compositore avanguardistico napoletano* ed è probabilmente uno dei più intensi “urli silenziosi” mai incisi su nastro. Una musica che vive di contrasti e apparenti contraddizioni, tanto leggiadra all’esterno quanto ribollente e magmatica all’interno; note che hanno dovuto lottare per liberarsi e che quando spiccano il volo toccano vette che sinceramente nessuno all’epoca aveva ancora scorto**. Già l’iniziale Primo Quadro, Dialoghi Della Conoscenza” ci innalza con delicatezza dalle polveri delle vie della città; eppure si coglie con chiarezza che questa è un’ascensione non divina ma squisitamente umana, con tutti i suoi ripensamenti, dubbi e amarezze: l’intreccio di pianoforte e chitarra è dolce, ma già l’entrata del violoncello e di voci femminili dal timbro quasi roco aggiungono una trama teneramente straniante di mistero. E che dire del profondo intimismo privato di “Terzo Quadro”, un breve haiku per pianoforte che restituisce all'ascoltatore una sensazione di curiosità un po’ imbarazzata, la stessa che si prova nell'aprire una stanza rimasta segreta per anni: non si può fare a meno di sentirsi, almeno inizialmente, tanto impressionati quanto vagamente fuori posto di fronte a tanta cruda sincerità.

Quelli di Cilio sono acquerelli sonori dalle tinte sognanti e sfuggenti, note sospese a mezz’aria che si denudano, esponendo un’emotività palese e che abbracciano consapevolmente la fragilità umana, nei suoi pregi e limiti. Limiti che si mostrano idealmente quando le atmosfere si fanno più scure, come nei due episodi di “Secondo Quadro” e di “Quarto Quadro, Dell’Universo Assente”, dominati da percussioni rigogliose e da fiati dai toni ambigui; composizioni che fondono timbri mediterranei, rigori centroeuropei e sapori orientali, in un ideale viaggio sonoro e salmastro che dal Golfo di Napoli passa  anche per Oriente, a dimostrazione di quanto l'autore guardasse anche lontano da sé.

Napoli, quella città debordante e famelica che già Curzio Malaparte immaginava come nutrice di tutte le altre città d’Europa***, tanto veloce ad accoglierti quanto a travolgerti, annoverava tra i suoi figli anche Cilio, figura talmente unica da porsi controcorrente pure in un porto aperto come il capoluogo partenopeo. Un compositore non inquadrabile e forse ingiustamente sottovalutato, che pagherà amaramente la sua unicità; un musicista dall'indole poco "napoletana" ma che è riuscito, oscillando a lato e sopra Napoli, a coglierne parte dell'essenza, nel tempo di un istante. Esattamente come il passaggio della nave  raffigurata nella copertina di questo suo unico lavoro.

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* "Dialoghi del Presente" è stato pubblicato nel 1977, dalla EMI. Su questo aggiungo una nota personale: erano altri tempi, se si pensa che una major pubblicava e distribuiva un disco di musica totalmente sperimentale come questo. L'album vendette, come era prevedibile, molto poco; a dimostrazione che all'epoca c'era una filosofia diversa circa il ruolo dell'editoria, rispetto ad oggi. Comparazioni non ne faccio - e nemmeno sarebbe corretto farne -  e certamente non sta a me dire cosa fosse peggio o meglio, ma indubbiamente i tempi sono cambiati.

** In effetti, la musica di Cilio è di difficile inquadramento: sicuramente parte da un retroterra minimalista e di musica contemporanea, ma non sembra guardare minimamente ad asempio all'ardire Cage e Boulez. Forse si accomuna con la dolcezza di Morton Feldman, ma anche questa è più una suggestione personale. La realtà è che l'opera del compositore napoletano, con quei suoi toni mediterranei e frastagliature che guardano anche alla world music, poco aveva a spartire con gli altri suoi contemporanei. Anzi, pare anticipatore di alcune pulsioni successive: e se pensiamo che  questo disco è sì uscito nel 1977, ma in realtà contiene composizioni scritte a fine anni '60 ed inizio anni '70, tutto ciò è ancor più sorprendente.

*** Curzio Malaparte è stato uno scrittore toscano ed è considerato - per me, a ragione -  una tra le migliori penne del nostro Novecento letterario. Parlò di Napoli nel suo capolavoro, intitolato "La Pelle", spietata e macabra fotografia della città partenopea liberata nel 1943 e poi presenziata anche dopo il 1945 dagli Alleati; liberazione  che lo stesso autore visse in prima persona. Tra le tante riflessioni su Napoli disseminate nel libro, Malaparte scrisse anche che "Quando Napoli era una delle più illustri capitali d'Europa, una delle più grandi città del mondo, v'era di tutto, a Napoli: v'era Londra, Parigi, Madrid, Vienna, v'era tutta l'Europa. Ora che è decaduta, a Napoli non c'è rimasta che Napoli. Che cosa sperate di trovare a Londra, a Parigi, a Vienna? Vi troverete Napoli. È il destino dell'Europa di diventar Napoli. Se rimarrete un po' di tempo in Europa, diverrete anche voi napoletani". Una curata e recente edizione del libro è quella di Adelphi.

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Luciano Cilio - Dialoghi Del Presente (EMI, 1977)

Luciano Cilio - composizione, arrangiamento, direzione; flauto, chitarra, mandolino, basso, pianoforte

Peppo Cerciello - violino

Pablo De Simone - contrabbasso

Elio Lupi - violoncello

Roberto Fix - sassofono soprano

Peppino Romito - oboe, corno inglese

Toni Esposito - batteria, percussioni

Patrizia Lopez - voce, cori

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