10. Ennio Morricone - Morricone Segreto

 



Esterno, notte. Una pioggia scrosciante, rivoli d’acqua che scorrono verso i tombini. Rapidi passi che zampettano sul marciapiede bagnato. Un ombrello troppo piccolo, un impermeabile che di impermeabile ha ben poco. Una figura  che si muove danzando tra le pozzanghere all’esterno di una bettola poco raccomandabile.

Stacco. In una camera pregna di significati e di umori, due persone si aggrappano alla loro tenera compagnia, forse ignari di quanto accade non solo fuori dal loro mondo, ma fuori dalla loro porta: un uomo aspetta il momento giusto per colpire e spezzare quel filo di passione che lega i due amanti.

Sono scene inventate, ma che restituiscono tutta una serie di suggestioni visive che ci paiono decisamente familiari, per averle viste in miliardi di film. Ma non sono scene mute: in ognuna di queste la nostra stessa fantasia ci appoggia sopra spesso e volentieri sia melodie dai toni languidi e ritmi sornioni alternate ad episodi sonori più cupi, ritmi più incalzanti, esplosioni sonore improvvise e inaspettate, come spari nella notte. Questa tavolozza timbrica, tanto radicata da apparire ormai un’associazione immagini/suoni quasi naturale e scontata, si è formata grazie al lavoro di molti compositori nostrani, chiamati a musicare i tanti film che, soprattutto negli anni’70, hanno dato vita al filone del giallo all’italiana. Tra questi, Ennio Morricone è stato tra i più prolifici, geniali, innovativi di tutti. Ascoltare questo “Morricone Segreto”, egregio lavoro compilatorio di musiche del Maestro romano che solo la troppa buona abitudine ci fa definire come “minori”, è come aprire uno scrigno acustico al cui interno troviamo una serie di ventisette più o meno brevi polaroids musicali tratte da pellicole italiane di quel decennio, regalandoci un viaggio sonoro tanto variegato quanto deliziosamente folle.

Dagli sferzanti lampi sonori dell’iniziale “Vie-ni”, con i suoi languori cosi sfacciati da porsi al limite dell’impubblicabilità, fino alle aperture celestiali per flauto della finale “Macchie Solari – probabilmente il tema più “classico” della raccolta - il lavoro si dipana su vari livelli timbrici e sonori. Tra i solchi del disco troviamo bozzetti surreali come quelli di “Fantasmi Grotteschi” e di Non può essere vero”: nella prima varia chincaglieria percussiva stende il tappeto per un breve e gustosissimo inciso di tromba dal suono inzuppato di pioggia, mentre nella seconda siamo immersi in una miniatura sonora a metà tra incanto e puro incubo, con archi e vibrafono a contendersi la scena. Ma  non mancano episodi dove le pulsioni avanguardistiche che da sempre intrigavano Morricone* si fondono magistralmente in temi di un immediatezza disarmante (penso ad esempio al vortice notturno di “Vita e Malavita”, straniante spartito per pianoforte preparato e appositamente scordato, strumenti a corda, fiati e archi) o sprigionanti un erotismo sfacciato ma mai volgare (la bellissima “Tette e Antenne, Tetti e Gonne”, con una magistrale Edda Dell’Orso alla voce); il tutto arrivando poi ad episodi che flirtano, senza remore o nascondimenti, tanto con il jazz*** che con la psichedelia, in un reticolato di pulsioni che tra loro e di per sé stesse sono distantissime. Mano a mano che ci si avventura nel sentiero acustico del disco, emerge chiaramente non solo quanto il compositore capitolino sia a suo agio nel muoversi tra stili diversi ma anche il suo talento alchemico  nel combinarli tra loro in vari modi****, realizzando delle composizioni brevi ma gravide, efficaci nella loro limitatezza temporale perché sfuggono ad ogni narrativa non imponendo alcunché, ma piuttosto suggerendo ambienti, umori e suggestioni.   

Chitarre acide, suoni d’organo stranianti, batterie a metà tra sapori jazzistici e la immediatezza dei beat della musica rock e funk, voci che mormorano e languiscono, pianoforti dal suono polveroso e scordato, archi dai timbri tesi al limite, vibrafoni eterei, strumenti a corda di varia provenienza e origine che brulicano incessantemente, fiati annacquati: “Morricone Segreto” è una girandola impazzita che ci restituisce il suono e le immagini di un’epoca, e lo fa in un modo cosi convincente da risultare – trovando un equilibrio miracoloso per quella che dovrebbe essere una compilation; ed meglio cosi – come una una meta-colonna sonora di tutti i gialli musicati da Ennio Morricone. Un compendio, certo, ma cosi ben pensato e organizzato da assumere quasi vita propria, come commento sonoro di un giallo morriconiano totale.

Fidatevi di uno stolto. Altrimenti, peggio per voi: ma fate attenzione all’assassino dietro la porta...


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* Morricone si formò anche a Darmstadt, ai celebri corsi di Musica Contemporanea, dove incrociò Cage, Boulez, Berio, Stockhausen, Nono... A Roma entrò a far parte dello spericolato gruppo "Gruppo di Imorovvisazione Nuova Consonanza", in compagnia, fra gli altri, di Franco Evangelisti. Questa formazione scrisse alcune delle pagine più interessanti della musica contemporanea italiana. Consigliati il loro disco omonimo del 1973 e "Musica su Schemi" del 1976. 

** In "Per Dalila" suonano Enrico Pieranunzi, Riccardo Del Fra, Riccardo Asciolla e Roberto Gatto, icone del jazz italiano. 

*** In questa panoramica dell'arte morriconiana, troviamo infatti echi di musica 900esca e contemporanea, musica brasiliana ("18 Pari"), musica pop ("Patrizia"), jazz (la già richiamata "Per Dalila", ma anche "L'Incarico", che sarebbe piaciuta a Miles Davis, e la sorprendente "Stark System", che rimanda ai Weather Report più immediati), musica sperimentale ("L'Immoralità" convincerebbe anche Brian Eno e i Cluster). Lo stesso Morricone disse che essere un compositore da film vuol dire (anche) definire questa sensibilità d'avanguardia ai canoni della musica popolare: "Un compositore di colonne sonore deve sapere fare tutto".

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Ennio Morricone - Morricone Segreto (CAM SUGAR, 2020)

Compilazione a cura di Pierpaolo De Santis

Editing di Andrea Fabrizi

Mastering di Riccardo Ricci

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